La realizzazione del grande spazio verde, ultimata intorno al 1817, fu attribuita al noto architetto Giuseppe Jappelli (1783-1852), famoso anche per aver progettato nel 1831 lo storico Caffè Pedrocchi a Padova. Nel grande giardino all’inglese si ritrovano i tratti tipici del parco romantico: dolci declivi, sentieri sinuosi, piccoli ruscelli e una cornice arborea di grande effetto che arricchisce le sponde di un suggestivo specchio d’acqua centrale.
Ha un’estensione di circa 6 ettari distribuiti tra l’ampio prato antistante la villa e la parte boschiva sul retro. In origine era preminente la funzione agricola del complesso rispetto a quella residenziale, come si nota dalla direzione del viale d’accesso che dalla strada pubblica si avvia direttamente verso la fattoria (risalente almeno al 1500) e solo successivamente verso la villa.
Fra le numerose piante ornamentali, sono da segnalare lungo il viale dei Tigli l’aglio selvatico, già conosciuto e coltivato nell’antichità, e, intorno al perimetro dell’edificio, le Rose di Damasco arrivate con i Crociati dalla Persia. A sinistra della dimora si innalzano due esemplari gemelli di Cedro dell’Himalaya, probabilmente piantati nel 1847, quando era proprietario della Villa Fabrizio Orsato.
Il Duca Giancarlo Gallarati Scotti (1920-2006), appassionato botanico, ereditò la proprietà del complesso dalla madre Aurelia Cittadella Vigodarzere. Egli, tornato da un viaggio in America, introdusse nel Parco tre esemplari di Sequoia Sempervirens per dimostrare la loro adattabilità al nostro habitat.
Sulla sponda destra del laghetto sono da notare le formazioni lignee del Cipresso delle Paludi, radici aeree che permettono alla pianta di ossigenarsi anche nelle sue parti sommerse. Nei pressi sorgono un Pioppo Bianco, una Quercus Robur e un esemplare di Quercia Farnia adattatasi a restare in equilibrio tra terra e acqua.
Lungo il sentiero che porta alla collina si staglia un Faggio Rosso più che centenario, la cui altezza è stata ridotta di un terzo da un fulmine. Sul prato che si affaccia sulla sponda opposta del lago, si celebra in autunno la festa in onore di San Martino con l’accensione di un falò intorno al quale si svolge la rappresentazione della storia del Santo. Lungo il sentiero a sinistra, si erge la carpinata nord (viale dei Carpini) e dopo aver attraversato il caratteristico ponticello in ferro e legno, si incontra un esemplare di Faggio Pendulus.
Nei pressi, a sinistra, compare una Cappella gentilizia di stile neogotico, edificata su disegno dell’architetto Pietro Selvatico Estense (1803-1880), allievo dello Jappelli. Venne costruita sui resti di una precedente chiesetta dal Conte Andrea Cittadella su disposizione testamentaria del conte Fabrizio Orsato, per raccogliere le sue spoglie. Intorno alla Cappella si stagliano dei Tassi, scelti per accompagnare l’architettura del luogo proprio per la loro denominazione “alberi della morte”, dovuta alla tossicità dei loro rami, foglie e semi.